Spesso poco note, talvolta ancora inedite, le testimonianze di pittura rupestre medievale del Lazio e della Campania settentrionale sono numerose, come dimostrano le quarantadue schede del catalogo, corrispondenti ai monumenti presi in esame. L’ampio raggio di indagine ha permesso di enucleare due differenti tipologie di ambienti: la cavità artificiale, in corrispondenza del substrato tufaceo, utilizzata il più delle volte per esigenze funzionali, e la grotta naturale, fin dalla preistoria associata all’universo del sacro. Particolare attenzione è stata rivolta ai fenomeni religiosi che hanno concorso allo sviluppo dei santuari, quali la devozione all’arcangelo Michele, l’eremitismo e la venerazione delle reliquie. Queste ultime sono la causa della sopravvivenza dei santuari ubicati all’interno delle catacombe, luoghi di culto che molto hanno in comune con l’universo rupestre. Quanto alle tematiche di ambito artistico, il ricco corpus di dipinti ha consentito di soffermarsi sul dialogo fra roccia e immagine, sui diversi contesti della produzione pittorica campano-laziale fra VI e XIII secolo, sui problemi conservativi.