È il 1959 e una giovane studiosa italiana arriva a New York. Alle spalle, le letture della sua infanzia e della sua adolescenza. Piccole donne, letto e riletto, fino all’irrompere di «Moby Dick», con quell’incipit che le aveva rivelato la diversità e l’anomalia di un’altra letteratura. Ha il compito di scrivere un libro sulla nuova narrativa americana. Non conosce nessuno, o quasi, ma non le mancano intraprendenza e un’inesauribile curiosità, la sua musa. Nei riti sociali, o nell’intimità delle loro case, in pochi mesi incontra Mailer, Ellison, Baldwin, Edmund Wilson, l’appartata Carson McCullers, Lowell, Bellow e nuovi talenti come il giovane Philip Roth e l’imprevedibile Grace Paley. Stringe legami destinati a durare. Scopre che l’arte dell’intervista letteraria s’impara sul campo, che è insieme emozione e disciplina, canto e controcanto, sigillo al giudizio critico già formulato. In una New York in continua metamorfosi, la giovane studiosa vede emergere una città sotterranea fino allora ignorata dai più: nell’aria turbinano le parole di una nuova lingua che mira a nominare l’innominabile. «Urlo» di Allen Ginsberg, recitato in pubblico da una costa all’altra, ha sprigionato le immagini di un’America notturna, terra incognita carica di promesse. Negli anni, dopo l’esplosione dei beats, vedrà disgregarsi quei miti comunitari che avevano assegnato al romanzo e alla poesia il compito di scandagliare il ruolo e il destino della donna e dell’uomo contemporanei. E negli incontri con gli scrittori sperimentali degli anni settanta, da James Purdy a Donald Barthelme, continuerà l’indagine sulle mutazioni della lingua letteraria, chiamata a confrontarsi con il potere dei media. In questa estrema testimonianza, appassionante come una narrazione di eventi, di voci, di personaggi, Marisa Bulgheroni racconta mezzo secolo di vita americana: non solo la letteratura, ma i cambiamenti della società, della politica, del costume, sullo sfondo dei volubili palcoscenici di New York. «La mia America non era solo geografi a e storia, cronaca e registrazione della contemporaneità, ma presentava margini da riempire, ampie. zone d’ombra da illuminare con parole che forse non avrei saputo trovare. È questo stare tra presente e passato dell’America che ancora avvince la ragazza partita sul Queen Elizabeth e mai veramente ritornata…»