Il titolo del libro è aderente al suo contenuto: le varie concezioni sul diritto e la giustizia nell'evolversi dei movimenti di pensiero filosofico che la storia conosce fin dalle origini. In sostanza l'atteggiamento teorico della filosofia, nel suo sviluppo, in rapporto con i problemi inerenti alla giuridicità..
Non si tratta di rassegna di giuristi e pensatori politici, poiché non è storia del diritto né storia delle teorie politiche. Tuttavia è rassegna di filosofi, dei filosofi puri e del loro pensiero circa il diritto e la giustizia, ognuno nell'ambito della filosofia del tempo di appartenenza; compresi quei giuristi e pensatori politici maggiormente significativi, poiché maggiormente filosofi piuttosto che giuristi e pensatori politici.
Ma, invero, non è solo questo.
Il discorso evolutivo del pensiero giuridico pone in evidenza la disputa, sempre presente nella storia, tra due opposti atteggiamenti di fondo, quello dogmatico o concettuale-razionalistico e quello antidogmatico o storico-empiristico. Alle origini di tale antitesi bisogna risalire per poi percorrere il suo realizzarsi, il ripetersi, il progredire, onde poter capire il senso complessivo e finale (ai giorni nostri) dell'evoluzione, che è la scaturigine di quell'antitesi.
In tale controversia la filosofia, in sé considerata nello specifico, accede scarsamente.
Il pensiero greco antico non si occupa direttamente di diritto, ma di politica e di etica (oltre che di metafisica, conoscenza etc.). La filosofia greca ha breve durata, appena un secolo per quanto concerne i grandi sistemi di Platone e Aristotele.
Il mondo romano-ellenistico viene influenzato dalla filosofia grecoclassica, ma non produce linee di pensiero originali.
La più alta e raffinata giuridicità romano-classica, fino all'età tardoimperiale, si esprime con caratteri empirici, i cui contenuti sono prodotti dalla libera attività di pretori e giurisperiti (c.d. giurisprudenza dell'età classica, ars boni et aequi, arte dell'utile e dell'equo, in senso oggettivo).
Con Giustiniano si apre la lunga epoca del medioevo, quasi dieci secoli dominanti dalla teologia e dal razionalismo dogmatico-scolastico.
Il rinascimento pone l'uomo al centro dell'ordine universale, pone il razionalismo umanistico, che però tende ad esasperarsi nell'età illuministica, con l'esito finale di un ripetuto e rinnovato dogmatismo, quello del successivo positivismo giuridico e scientifico.
L'età contemporanea è l'età dello scientismo, ove la filosofia è scienza, priva di fondamento etico e metafisico.
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Dunque, se non è la filosofia la giusta sede originaria ove poter ricercare l'antitesi tra dogmatismo e antidogmatismo, e se il diritto ha fondamento filosofico se e fino a quando esso ha fondamento etico, si pone l'onere di indirizzare l'indagine in altri settori del pensiero umano, e in altre civiltà più antiche di quella greca, luogo natale della filosofia.
Nel contesto totale della storia dell'uomo infatti la filosofia greca è solo una realtà episodica, un'età umanistica e laica, in rapporto e reazione con una ipotetica età precedente, caratterizzata da oscurantismo oppressivo e politeistico.
Da circa cinquemila anni, fra il quarto e il terzo millennio a.C., data l'origine di civiltà superiori protostoriche: le civiltà semitiche, mesopotamiche (sumeri, assiri, babilonesi), quella egizia e quella ebraica. Con esse ha fine la preistoria e inizia la storia, stante la conquista della scrittura (ideografica, poi cuneiforme e infine sillabica).
Queste civiltà hanno avuto destino diverso, ma tutte sono state caratterizzate dalla specifica forma di pensiero umano che è quello religioso.
Col tempo solo la civiltà ebraica non scompare e resiste nella storia, portando con sé una religione particolare totalmente diversa, legata alle origini della creazione del mondo ed alla rivelazione divina.
Da essa deriva il cristianesimo, che doveva diventare la religione dell'impero romano e dell'intero mondo occidentale, dapprima dell'Europa e poi anch