Due letture del fenomeno che sta rivoluzionando i territori: comunitario-evolutiva quella di Aldo Bonomi, più attenta ai processi di produzione quella di Roberto Masiero.
Anni di dibattiti sul tema delle smart cities, sui dispositivi di tempistica dei semafori o di pagamento dei parcheggi che renderebbero più o meno «intelligente» una città, hanno offuscato il significato di una rivoluzione tecnologica, ma soprattutto economica e sociale, che sta cambiando la configurazione stessa dei territori.
A partire da questa riflessione e dal progetto «Da Smart City a Smart Land» elaborato dalla Fondazione Fabbri di Pieve di Soligo, Aldo Bonomi e Roberto Masiero sviluppano temi e spunti in grado di gettare nuova luce sui cambiamenti in atto. Il dato comune è il disfacimento delle logiche «localistiche» che ancora oggi dominano gli interventi a livello territoriale di singoli comuni o enti pubblici, che invece andrebbero pensati perlomeno a livello di «megalopoli diffusa», come parte di una smart land. Per dare il senso di questa rivoluzione, oltre a guardare avanti, bisogna forse guardare al passato, e in particolare alla storia di Piero della Francesca e della sua opera, la Resurrezione, in cui Bonomi riconosce «la metafora potente del Rinascimento italiano che è stato sintesi e laboratorio di ciò che in questo testo chiamiamo l’intreccio funzionale tra smart city e smart land».