Dalla Prefazione di Davide Rondoni :
È un poeta antimoderno. Sta dalla parte di Leopardi, di quelli insomma che non facevano gli ottimisti sul fatto che la politica, l’economia, la scienza, le magnifiche sorti progressive ci avrebbero reso uniti in noi stessi, senza fessure, senza casini, senza peccato, senza male e senza bisogni. E così il libro timido mentre sta sulla soglia della poesia lascia trapelare in mezzo alla sua ironia e alla sua insubordinazione i segni della sua vera forza. Che non è l’esibizionismo (tipico dei timidi, no?), ma la pietà.
Me ne fotto se il poeta non è d’accordo. Tanto ho ragione io. Lo sguardo di Campanari non è mai acido, – a volte è caustico su di sé o su qualcun altro – ma come ad esempio lo sguardo di un Carver non è mai velenoso, non vuole mai il male dell’altro e magari vorrebbe evitarlo anche a sé. Insomma uno sguardo “pietoso”, come quello di certe Madonne del ventre d’Italia dipinte su tavolacci di legno da oscuri pittori quattrocenteschi.
Una pietà che diventa sorriso scanzonato.
È questa la sua forza, mentre vaga per onde radio o per città e alberghi, per amori e disamori, verso “il giorno dell’Ode”, occupato dai suoi sette sosia. E mai vinto. Il libro timido ora può viaggiare con il suo segreto e le sue esibizioni. Sono contento che ci sia, è un buon inizio.