È il 1987 quando in libreria appare "Casalinghitudine" e le ricette di cucina entrano a pieno titolo nella nostra letteratura. Allora non si poteva immaginare che quel libriccino sarebbe diventato un piccolo classico e che quel titolo sghembo avrebbe conquistato il proprio posto nei dizionari. A distanza di quasi trent’anni dalla sua prima edizione, questo manuale-manifesto viene riproposto per la prima volta con una nota dell’autrice che, con affetto e ironia, ne ripercorre le tappe di ideazione e stesura.
"Casalinghitudine" è un ritratto unico e originalissimo del nostro Paese, che Clara Sereni ha potuto tratteggiare raccontando di sé e della sua generazione attraverso il cibo. Ogni piatto ha un ricordo da portare alla luce: la minestra dei Sette Grani evoca la maternità, la pasta e fagioli rappresenta il Sessantotto, un polpettone scandisce il consolidarsi di un’amicizia e una frittata di zucchine può diventare l’immagine di una frattura storica, quella di suo padre, Emilio Sereni, intento a discutere con Pietro Nenni sulla spiaggia di Formia. Il cibo diventa così un vero e proprio linguaggio extra-verbale, capace di creare legami e di esprimere sia affetti, sia disamori.
Romanzo di ricordi, di ricette, di riflessioni, scandito dal trascorrere dei decenni, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, "Casalinghitudine" non è solo la prima tappa di quella autobiografia di una nazione (e di una generazione) che passa dal "Gioco dei regni" fino a "Via Ripetta 155", e che Clara Sereni va componendo libro dopo libro, ma anche una sorta di antiepica collettiva nella quale ogni donna potrà riconoscere un guizzo, un sapore, una memoria della propria vita.