«A cosa serve la musica, nella nostra vita di adulti, di giovani, di bambini? Per quali ragioni vogliamo che si insegni nelle scuole? Quale musica poi? Bach è uno dei valori indiscussi della nostra cultura, ma è lontano dagli interessi dei ragazzi; viceversa, la canzone è il loro pane quotidiano, ma sulla canzone si proiettano le ombre del condizionamento mercantile. E allora? Le domande si moltiplicano. Educarsi alla musica vuol dire imparare a scegliere, ascoltandola, o vuol dire farla, con la voce, con gli strumenti? Studiare musica implica che ci si confronti con tecniche e nozioni speciali: esercizi per le dita o per la laringe, solfeggi, armonizzazioni, classificazioni, cronistorie. Fino a che punto la loro pratica arricchisce la competenza musicale, da che punto diventa alienante? E insomma, che cosa rende efficace un insegnamento, che cosa lo rende inane, o addirittura controproducente? Sono solo alcune delle tante domande che si affacciano prima o poi a ogni consapevole educatore, docente, operatore culturale, uomo politico. Nel corso del mio lavoro di insegnante ho cercato di affrontarle come meglio potevo: sperimentando, leggendo o ascoltando ciò che ne dicevano altri, riflettendo. Questo libro cerca di offrire una sintesi delle risposte di cui sono stato capace; e di cui sono debitore allo scambio vitale con gli allievi e i colleghi con cui ho lavorato, da quarant'anni a questa parte. Ciò spiega la presenza di interlocutori recenti e antichi, amici più giovani e amici già scomparsi quando li incontravo nelle loro pagine: tutti autori che hanno segnato la storia dell'innovazione pedagogica.»