Luigi Allegri, ripercorrendo le teorie novecentesche sull'attore, da Stanislavskij a Mejerchol'd, da Brecht a Grotowski, le scopre attraversate da due grandi correnti: chi chiede all'attore una partecipazione esistenziale prima ancora che professionale e chi lo considera soprattutto un consapevole utilizzatore di tecniche. Polarizzazioni, entrambe, che recuperano all'attore del Novecento centralità creativa e uno statuto originario di corporeità, grande rimosso del teatro ottocentesco.