Lo storico ha il compito di trasmettere la memoria. Quando, invece, dimenticare diventa una virtù essenziale a ricomporre una comunità? Nell’Atene del V secolo, dopo il regime dei Trenta Tiranni, venne imposto il
Patto dell’oblio, che vietava di rivangare il passato al fine di anteporre “alle rivalse private la salvezza della città”. Da allora la storia ci ha imposto molte volte di concederci una sospensione della memoria per rimettere le cose in ordine, sia pure provvisorio. Oggi, dopo la fine del Novecento – il secolo delle febbri ideologiche –, fare i conti con la nostra memoria condivisa è diventato più che mai necessario. Perché la scomparsa di fascismo e comunismo non ha significato la fine dell’uso politico del passato: queste pagine attraversano oltre due millenni di storia, di interpretazioni, errori di valutazione e menzogne.
Dalla Firenze di Savonarola alla Roma fascista, da Giuda a Napoleone, l’autore intraprende un viaggio coraggioso nella memoria intermittente, con la convinzione che, se saremo capaci di fare i conti con la storia senza preconcetti, saremo finalmente in grado di “ritrovare una base comune da cui avventurarci nella ricerca sul passato”.