Cresciuta come la bambina più «normale» nella più tradizionale delle famiglie americane – quelle solo apparentemente felici, in cui i genitori inseguono il sogno pubblicitario della vita esemplare –, Maggie Nelson sceglie di sposare l’artista transgender Harry Dodge, nato uomo in un corpo femminile, e di diventare madre grazie al dono della fecondazione assistita. Il concepimento, momento generativo e dunque trasformativo per eccellenza, diventa l’occasione per parlare della propria esperienza e per esplorare con coraggio e determinazione ogni sfumatura della sua complessa sessualità, senza mai ostentare un nome preciso per i suoi sentimenti, senza nascondere le fantasie più proibite, rifiutando ogni inutile etichetta di genere, ogni sfuggente classificazione, e rivelandosi al pubblico in tutta la sua nudità di donna, di figlia, di madre. Di essere umano.
Tra romantiche fughe notturne su Mulholland Drive, confessioni e difficili coming out, Gli Argonauti, diventato subito un caso editoriale in America, è il racconto di una bellezza perennemente in fuga, braccata, incompresa da un mondo che si finge civile, ma che non è ancora capace di abbandonare il retrivo sistema binario secondo il quale le cose o sono buone o sono cattive, o sono normali o sono strane, inaccettabili: queer. Una bellezza travolgente, vera, che non si lascia afferrare.
Opera indomabile che fonde narrazione e memoir, testimonianza intima e universale, privata e collettiva, Gli Argonauti è un autoritratto variopinto che rivela nel suo sfondo i dettagli nitidi del nostro tempo, un racconto lirico e potente che trae da un’esperienza straordinaria il più ordinario e assoluto dei desideri umani: quello di poter dire «Ti amo» con profondità e devozione, senza bisogno di declinare queste parole al femminile o al maschile. Ma, soprattutto, quello di vivere un amore che non soffochi nelle regole grammaticali dei pronomi.