Il Cantastorie ha una mente lucida, una mente d'artista. I suoi delitti sono capolavori di sofferenza, un'estatica trasfigurazione della carne. La morte, per lui, non è che la sublimazione della bellezza.
Il Cantastorie uccide e nessuno riesce a fermarlo.
Come dice il commissario Boschi, la polizia è sempre un passo più indietro dell'assassino.
I messaggi che vengono ritrovati sulle scene del crimine danno veramente un'indicazione sull'identità della vittima successiva? Servono a qualcosa? Oppure sono solo un'abile beffa del serial killer?
Boschi deve scoprirlo, e deve fare in fretta. Deve riuscirci prima che il Cantastorie uccida di nuovo, prima che l'assassino colpisca lo stesso commissario negli affetti più cari.
Forse esiste un solo modo per catturare una simile belva: capire perché il Cantastorie uccide.
Ma a volte, cercare la ragione delle cose significa calarsi in un pozzo buio. Un buco nero entro il quale Lorenzo Boschi non vorrebbe mai guardare, per non dover tornare a fissare il male negli occhi.