Nel mezzo era la sacca dei bambini, chiusi dal muro di padri e madri e vecchi e fratelli più grandi nella fornace del luglio bosniaco. Perché faceva caldo in quel luglio del 1995. A luglio fa sempre caldo tra le montagne, e i corpi ammassati nelle strade, che via via arrivavano, e quelli già dentro le case lasciate vuote dai loro abitanti, acuivano la sofferenza del respirare vicino a un altro respiro, e la polvere dei sentieri che si congiungevano alle strade mezzo asfaltate tingeva di bianco, come un sudario, il suolo su cui passavano gli altri [...] A confluire da ogni parte nella strada principale che portava dov’era l’attesa di tutti, perché lì era la salvezza promessa, la speranza di fuga dal martirio, a Srebrenica...»
Giorgio Pasquali, colto e sagace poliziotto, indaga su una serie di delitti che vanno consumandosi tra Milano e altre città del nord, ma anche a Londra e in Oriente, mettendo a nudo un incredibile miscuglio di umana perversione mista a debolezze antiche e a un nuovo catastrofico fanatismo. Su tutto questo solo lo scandaglio della cultura riesce a fare luce, anche se non piena. Ne viene fuori uno spaccato di umanità contemporanea che oscilla tra vizi privati e apocalittici furori, sullo sfondo di mondi e culture che si dilaniano senza speranza.