Il De bello Gallico (in italiano "La guerra gallica") è lo scritto sicuramente più conosciuto di Gaio Giulio Cesare, generale, politico e scrittore romano del I secolo a.C.: qui è presentato nella traduzione italiana per Kindle.
Cesare visse in prima persona tutte le vicende riguardanti la conquista della Gallia. Uomo di grande cultura, appassionato di arte e filosofia, descrisse minuziosamente la sua campagna militare, inserendo nella narrazione molte curiosità sugli usi e sui costumi delle tribù barbariche con cui veniva a contatto, oltre a tentare, surrettiziamente, di difendere il proprio operato.
L'opera è stata scritta fra il 58 e il 50 a.C. e si divide in otto libri:
Nei primi sette, dettati da Cesare ai suoi luogotenenti, è offerta una puntigliosa descrizione etnico-geografica non solo della Gallia ma anche della Germania prossima al Reno e della Britannia, ed è data una rassegna delle forze in campo; si concludono con la narrazione della battaglia di Alesia, presso Digione, vinta contro Vercingetorige, re degli Arverni (tribù stanziata nell'odierna Alvernia, Francia centrale).
L'ottavo libro, scritto da Aulo Irzio, narra gli eventi successivi alla guerra, in particolare le spedizioni finalizzate a sedare gli ultimi focolai della rivolta.
Il De bello Gallico fu redatto da Cesare in terza persona, come diario di guerra, con l'intento di conferire una patina di oggettività e di difendere la propria persona e la propria condotta politico-militare, osteggiata a Roma da gran parte del senato. L'ambizione e le capacità politiche del condottiero erano, infatti, eccezionali e assai temute da una corporazione politica, indebolita dal volgere degli eventi e dai mali di sempre: corruzione, interesse personale nell'attività pubblica e vendette tra fazioni. Oltre alla terza persona, una caratteristica dello stile di Cesare è l'uso della "oratio obliqua" ovvero del discorso indiretto per ottenere uno stile più uniforme e privo degli artifizi dell'arte oratoria.