Tiziano Ferro ha quindici anni quando decide di confidare i suoi pensieri a un quaderno. È il diario di un ragazzino come tanti: la scuola, gli amici, i primi amori, la passione per la musica. Fuori dal comune è invece l'intensità con la quale insegue il sogno di incidere un disco. E appena lo realizza fa centro.
Ma va tutto troppo veloce: insieme all'emozione dei concerti e allo stupore davanti ai fan, ecco, severe come brutti sogni, la solitudine dei viaggi e delle camere d'albergo, e la paura di non essere all'altezza. È come se da quel momento Tiziano avvertisse una continua spaccatura: da una parte la messa a fuoco del proprio talento, la collaborazione con le più grandi star italiane e internazionali, i riconoscimenti - del pubblico, della critica, dei colleghi -, la folla dei fan, dall'altra la percezione di una inedita solitudine, di una indomabile nostalgia, la lontananza dalla famiglia (soprattutto da Flavio, il fratello) e dagli amici di Latina. Niente pause. Niente stanchezza. Mai.
Come il più sensibile dei sismografi, Tiziano registra fedelmente, in questo diario, emozioni e stati d'animo. Con dolente sincerità, e al contempo curiosità, senso dell'umorismo e allegro disincanto, racconta l'altra faccia del successo e anche di sé, senza paura di svelarsi fragile, di mostrare zone d'ombra, contraddizioni, inquietudini.
In fondo a questo lungo, appassionato colloquio con se stesso e con il suo pubblico, c'è forse una nuova consapevolezza.