Il primo dovere di un biografo, sostiene Lytton Strachey, è senza dubbio conquistare e mantenere la giusta misura, sbarazzandosi del superfluo e dell’insignificante, per focalizzare solo quel che è degno di nota. Del resto, una narrazione meticolosa non necessariamente restituisce il senso delle cose, anzi, il modo migliore per cogliere il carattere di un’epoca è accostarsi lungo traiettorie inattese e guardarla da prospettive inusuali, ovvero piombarle sul fianco e attaccarla alle spalle. Così, Strachey condensa tutta la complessità e l’ambiguità dell’età vittoriana nei ritratti di quattro cittadini di Sua Maestà: Henry Edward Manning, cardinale anglicano avvicinatosi alla Chiesa di Roma; Florence Nightingale, fondatrice della moderna assistenza infermieristica; Thomas Arnold, riformatore della public school inglese; e Charles George Gordon, generale dell’Impero britannico. Si tratta di personaggi atipici, perché apparentemente di secondo piano, che Strachey scopre in realtà emblematici. Alternando l’ironia e la grazia, l’autore riporta i nudi fatti, spassionatamente e senza secondi fini; senza necessità di adulare o romanzare, Strachey riesce nel suo proposito di «illustrare piuttosto che spiegare» un’epoca eccezionale.