Un delicato ed emozionante racconto.
Lui Angelo, di nome e di fatto, Internato Militare Italiano in campo di prigionia.
Lei Tina, mamma di due bimbi nella Milano del 1943, messa a ferro e fuoco.
Venti mesi di viaggio e corrispondenza dagli Stalag della Germania. Lettere di amore, valori, educazione. Nel mezzo un figlio che racconta, immagina, rivive.
Come le matrioske il racconto si dipana su diversi piani, un quadro tridimensionale: la cornice rappresentata dalle vicende della Seconda Guerra Mondiale, lo sfondo che coinvolge le vicende di 850.000 mila militari italiani, gli Internati Militari, dimenticato da tutti, in primo piano la vicenda umana di una famiglia separata e messa a soqquadro dalle scelte di altri.
Un romanzo tratto da una storia vera, con documenti originali che parlano da soli, basta saperli ascoltare, documenti che portano pensieri e parole, sogni, desideri, valori e modi di intenderli di quel tempo, distanti anni luce da quello cui siamo abituati oggigiorno.
Un viaggio dall’inizio alla fine, avvincente come ogni romanzo di storia e avventura, delicato e commovente nei dialoghi tra un padre e suo figlio piccolo, immaginati su di una nuvola magica in quella cucina anni ’50.
“La cucina ricompare e io mi alzo dalla sedia, dirigendomi verso il lavandino, dove tra la finestra e il lavabo sono appesi gli asciugapiatti. Ne prendo uno, il mio, quello delle storie. E’ di cotone, a strisce larghe sì e no tre centimetri, con colori tenui bianchi, gialli e rossi, intervallati da due o tre righe nere. Me lo metto sulle spalle col lato lungo che scende sulla schiena, e lego i due angoli al collo, sul davanti. E’ il mio ermellino. Mi sento un re. Faccio per tornare alla sedia ma mi blocco per un istante. Un passo indietro e dò un bacio alla mamma, sempre alle prese con qualcosa da lavare in quell’angolo di cucina.
-Vado con il papà-
-Va bene. Fate attenzione, mi raccomando. Poi mi racconti tutto-
Ecco, ora sono pronto, ho anche il mantello regale ad accompagnarmi nella storia. Torno sulla sedia, e immediatamente tutto riprende di nuovo a sfumare. Stavolta indietro non si torna, sino alla fine.
-Ah… e il titolo ? Non ci sono storie senza titolo papà.…-
-Giusto. 46230: due bimbi lontani, anzi tre-
-Che strano titolo… cosa vuol dire ?-
-Lo puoi capire solo ascoltando la storia-
-Allora è di mistero misterioso ? Oppure è il numero di telefono di qualcuno..?-
-Vuoi stare a parlare del titolo fino a notte, o vuoi ascoltare la storia ?!-
-No no, storia, storia… mi piace il titolo. Andiamo !-“