Dopo una vita dedicata alla famiglia, ad un anno dalla morte della moglie, Marco trascorre pigramente la vecchiaia nella sua casa di campagna. Gli fanno compagnia gli amici di sempre, i suoi ricordi e un vecchio cane. Frammenti di spensieratezza si intersecano su momenti di nostalgia, la caparbia volontà di vivere prevale sulla rassegnazione.
La quiete viene stravolta quando una delle sue figlie, Lucia, si trova ad architettare un ignobile sotterfugio, offrendogli ospitalità per camuffare l’ennesimo dissesto finanziario del marito. Lo scopo è quello di vendere la casa del padre per ricavarne il necessario per coprire un debito cui il marito non può far fronte. Quella che sembrava una generosa offerta, appare ben presto per ciò che è realmente e Marco si trova, suo malgrado, a chiedere ospitalità ad Elisabetta, l’altra figlia. Tutta la tenerezza che lei cerca di offrirgli non basta a convincerlo a rimanere a vivere nel suo piccolo appartamento in città, preoccupato com’è di rappresentare un ostacolo per il lavoro di giornalista, a cui la figlia si dedica completamente, tentando di dimenticare un passato che ha lasciato cicatrici profonde.
È un padre che si rifiuta di cedere all’inevitabile egoismo della vecchiaia.
Cercando un pretesto nella sua salute ormai precaria, si convince che l’unico posto adatto a se stesso sia un istituto per anziani. L’impatto con questa nuova realtà è meno esaltante di quanto Marco non avesse sperato. Si ritrova, così, a mettere in atto una coraggiosa fuga, senza prevederne le conseguenze.
L’affetto e la simpatia di chi lo accoglie senza esitazioni, si rivelerà l’unico possibile antidoto alla sua solitudine. Sereno come non si era più sentito da molto tempo, si lascia scivolare dove finalmente potrà trovare la sua pace.
Questo racconto è la meticolosa osservazione di sentimenti, emozioni e fragilità di chi non ha più traguardi da raggiungere, nulla di più.