“All'origine di tutte le iniziative culturali “democratiche” importanti del quindicennio dopo la Liberazione, figura in modo per lo più diretto, Adriano Olivetti. [...] Una cultura dunque eterodossa, non marxistaleninista, socialista umanitaria, cristiana, connessa semmai al filone liberal-socialista rosselliano, oltre che a quello anarchico coltivato, ad esempio, dal primo Giancarlo De Carlo, architetto e urbanista, e, più sistematicamente, su “Comunità”, condotta con mano sicura e sapiente da Renzo Zorzi, da Carlo Doglio. Del resto dirigeva la bella biblioteca aziendale e le manifestazioni culturali ad Ivrea, un esponente importante dell'anarchismo non soltanto italiano, Ugo Fedeli, che era stato esule in Francia, Belgio e Uruguay. Cultura nordamericana, anglo-sassone, importata, filtrata, metabolizzata nelle forme di un capitalismo avanzato che faceva i conti con la modernizzazione, col sindacato e coi conflitti, rompendo schemi e ideologismi ormai obsoleti, lontani dal reale e però ripetuti fino alla più spossante estenuazione. Questa disorganica, a volte disordinata e tuttavia fecondante massa critica, sarebbe dovuta entrare nell'area dei partiti, concorrendo a stimolarli, a fertilizzarli, avrebbe dovuto provocarne la fuoruscita da schematismi meccanici quasi automatici. Ma come? Le difficoltà le descrive, in modo molto efficace, questa ricerca di Giuseppe Barbalace”