Ci sono motel, grattacieli, diner, drive-in, fast food, ponti, parchi, battelli a vapore. Ci sono metropoli, ghetti, piccole città e città fantasma. Ci sono treni, taxi gialli e aquile solitarie. Ci sono orsi, orsetti, trote e alligatori. Ci sono toffolette, apple pie, hamburger e hot dog, ziti e zeppole. Ci sono cowboy, telepredicatori, wobblies e flappers, quaccheri e mormoni. Ci sono Peanuts, Simpson, Barbie, nerd, supereroi e ufo. Ci sono i re Elvis e Michael, Charlie Parker, Dolly Parton e Billie Holiday. Ci sono Hollywood e Broadway, Dallas e E.R., Walker Evans e Edward Hopper, Dean Moriarty, Huck Finn, Gatsby, Achab e Rossella. E poi femministe tenaci, capi tribù, intellettuali radical, esploratori coraggiosi, scienziati visionari… Ma anche ammutinamenti di schiavi, massacri di indiani, battaglie coloniali, guerre sanguinose, lotte operaie, movimenti di protesta, scandali politici, armi, stragi, catastrofi ambientali. L’avete riconosciuta? È l’America che avete sognato nei film, letto nei romanzi, ascoltato nel rock e nel blues, amato di un amore totale oppure odiato senza riserve: l’avete vista, fotografata, perduta, ritrovata. È l’America delle grandi città, certo, ma anche delle isole, dei luoghi isolati e sperduti, delle «cinture» della Bibbia e del cotone, delle aree postindustriali e postminerarie. È l’America dei deserti e del Mississippi, delle praterie e della Silicon Valley, della Route 66 e di Roswell, delle frontiere di ieri e di oggi. Ma poi, che cos’è l’«America»? Da che parte sta? A queste domande cerca di rispondere «Americana», dizionario atipico di più di trecento voci a stelle e strisce. Non per tracciare un’impossibile cartografia definitiva degli Stati Uniti, non per «dire tutto» sull’America, ma per cogliere e interpretare l’affascinante, e a volte disturbante, complessità di un paese-mondo, attraverso storie note e meno note, singolari ed emblematiche, reali e mitiche.