Questo libro risulta pretenzioso: ha infatti l'ambizione di risultare uno strumento utile a contrastare l’omologazione del pensiero, la plastificazione del ragionamento, che anche in campo fiscale risulta dilagante. Una sorta di resistenza tributaria (ecco perché il titolo), al (presunto) “fisco semplice”, alle (presunte) soluzioni operative, alle slide, che lavano midollarmente la mente, la appiattiscono, così da accettare supinamente qualsiasi "bestialità fiscale", come può esserlo, ad esempio, la presunta esistenza di un "ravvedimento sprint" (della cui inesistenza si parla all’interno del libro).
D’altronde, oramai, è tutto "sprint": non è permesso avere il tempo di pensare, di riflettere, di sperimentare, si deve agire velocemente, magari seguendo le imperanti "procedure" che, appunto, appiattiscono, non fanno pensare.
Il libro, giunto alla seconda edizione dopo lo straordinario successo della prima, ha quindi una velata aspirazione: l’idea che, abiurando ipocrite formule magiche e mirabili soluzioni di comodo, lavorando, invece, sul ragionamento, sui principi, sulla parola, sulla storia, quindi svolgendo tutto sommato un’attività di resistenza, si possa ripudiare il "già detto", la "circolare dice così", e tante altre amenità fiscali, così da generare una particella minima di "salvezza fiscale".
In sostanza, è il lavoro che si fa al Laboratorio tributario, oramai presente in molte città d’Italia, di cui questo libro è sostanzialmente un "prolungamento".