Il presente studio raccoglie due sintesi, notevoli, della mia tesi di laurea. Una tesi di laurea, negli anni ’90 del secolo XX prevedeva, per gli studi storici, un apparato estremamente meticoloso.
L’argomento che scelsi allora con Domenico Maselli era Teresa d’Avila, la mistica spagnola d’origine ebraica che fattasi monaca carmelitana, riformò il suo ordine, quello del Carmelo.
Avevo impostato lo studio in modo severo e meticoloso, e dovendo ricostruire la storia del Carmelo di Antignano in Livorno, la cui comunità monastica risale al XVII secolo, avevo trovato una pila di documenti all’Archivio di Stato di Roma che mi fece commuovere per la cura con cui quelle donne conservarono le memorie del loro vivere nel chiostro.
Principesse e principi s’interessarono di quel Carmelo romano che solo nel 1938 fu trasferito a Livorno, e quest’interesse mirò all’espropriare i beni immobili delle religiose per fini oggi diremmo più laici: il fratello della fondatrice -Caterina Cesi- Federico Cesi, il fondatore dell’ Accademia dei Lincei, la grande Accademia che oggi in Italia si occupa di tutto lo scibile, tentò di togliere alla sorella tutti i suoi possedimenti per destinarli all’impresa laica. Caterina che aveva ottenuto il divorzio (i brevi papali che le annullarono il matrimonio riportano il termine divortio) e aveva ottenuto da Urbano VIII il permesso di fondare un Carmelo teresiano, perseverò e difese la comunità contro tutto e tutti. Alla sua morte però la Comunità delle suore fu tormentata dai cardinali e da altri presuli.
Leggere le avventure di Caterina, nel suo epistolario (resta solo questo di lei) è singolare: una donna del XVII secolo ubbedisce e si sposa, è umiliata e tradita, perde una figlia, crede nel martito che è un libertino impenitente: nasce in lei il desiderio di liberarsi di lui, è nobile è ricca chiede al Vaticano il divorzio, lo ottiene e il pontefice, ai sensi del diritto canonico del Seicento, le dà il permesso di farsi monaca e di fondare un monastero.