Roma. Gli appuntamenti sono sempre allo stesso ristorante di piazza Sforza Cesarini e sempre a mezzogiorno, “all’ora in cui gli attori dormono”. Paolo Poli non ama la confusione e non ama neppure parlare troppo di sé, ma in questi incontri a tavola ha di fronte Pino Strabioli che da trent’anni è entrato nel suo mondo, fatto di letteratura e irriverenza, libero pensiero e poesia. Grazie alla conoscenza pluridecennale, il Maestro permette al suo interlocutore e complice di accendere la “piccola ladra” (un registratore
portatile) e si abbandona ai ricordi, per libere associazioni, tra fettuccine con i carciofi, mezza di rosso e, per concludere il pranzo, un caffè che “fa bene ai capezzoli”. Sono occasioni uniche per risalire all’indietro nel passato, al lontanissimo 1922, quando le signore per bene non potevano lavorare per il cinematografo e lo zio di Poli tassinaro andava a prendere le donne dalle case di tolleranza per portarle a fare da comparse in un film sulla Divina Commedia.
O al 1938, anno in cui in Italia arrivarono in due, Biancaneve nella splendida prima edizione, e Hitler che in visita a Firenze sfilò davanti a Paolo balilla con la bandierina in mano. Ma sono anche occasioni per parlare
di Madame Bovary che inizia col matrimonio e finisce con l’arsenico, di Michelangelo
che sullo sfondo del Tondo Doni mise uomini nudi, di sante che pisciano sul rogo, di papi morti ammazzati, di cene alcoliche a casa Fellini e delle avventure galanti del Mago Zurlì.
Questo libro restituisce in maniera autentica lo spirito di Paolo Poli, artista assoluto, ultimo esempio — come sottolinea Pino Strabioli — del teatro all’antica italiana, quello delle tele dipinte, del cielo di carta e delle
parrucche di lana, dove lui è il capocomico, il Maestro. E, grazie ai suoi ricordi e al suo stile dissacrante e di impeccabile eleganza, è un perdersi eccitante nella cultura e nella Bellezza del nostro Novecento: spettacolo, vita quotidiana, letteratura, arte, poesia e storia, raccontate con l’acume e il piglio di un genio.
Con un lieto fine di Franca Valeri