Unanimemente considerato uno dei grandi maestri del cinema, Yasujirō Ozu, «il più giapponese dei registi giapponesi», continua a essere oggetto di culto. Il suo cinema pacato e delicatissimo è letteralmente venerato da registi e cinefili: in un recente sondaggio della prestigiosa rivista «Sight & Sound», 358 registi di tutto il mondo hanno indicato il suo Viaggio a Tokyo come il più bel film di tutti i tempi. La pubblicazione di questo libro è un vero e proprio evento editoriale: per la prima volta è a disposizione del pubblico occidentale una ricca selezione di scritti del maestro giapponese, concepiti in un arco di circa trent’anni, dal 1931 al 1962. Pagine intense, segnate da un amore incondizionato per il cinema, inteso come ragione di vita, che consentono di percorrere dall’interno la personalità del regista e, in ultima istanza, la sua umanità. Sono testi che coinvolgono a distanza di decenni e offrono spunti e commenti inediti sui suoi film, le tecniche e le teorie del cinema (famosa è la sua avversione per la «grammatica del cinema »), il cinema americano degli anni trenta e quaranta, la tragedia del conflitto sino-giapponese vissuta in prima persona come soldato al fronte, la dicotomia tra finzione e documentario. È la ricerca di armonia nei rapporti umani, il rischio della loro disgregazione e l’ineluttabilità dei cambiamenti ciò che sostanzia il tessuto narrativo delle tante storie «non storie» da lui raccontate. «Far sentire l’esistenza di ciò che chiamiamo vita senza utilizzare avvenimenti particolari», così Ozu descriveva il suo lavoro di cineasta, e forse è proprio questo che ha fatto dire a Wim Wenders: «Mai prima di lui e mai dopo di lui il cinema è stato così prossimo alla sua essenza e al suo scopo ultimo».