Tra XIV e XV secolo il panorama politico delle città italiane muta radicalmente. L’Italia dei comuni si trasforma in un insieme disomogeneo di stati territoriali in formazione, cambiano la natura delle istituzioni e gli strumenti di governo usati per inquadrare le società locali.
Superando il tradizionale dibattito sul passaggio dal «comune» alla «signoria», basato su una semplice contrapposizione di modelli istituzionali, gli studi riuniti in questo volume privilegiano l’esame, in chiave comparativa, di alcune specifiche tecniche di potere dell’Italia centro-settentrionale: l’uso strategico dei podestà forestieri da parte dei signori sovracittadini; il sostegno delle società di Popolo alle prime signorie cittadine; la disciplina dell’arbitrium del giudice nelle normative delle città comunali e signorili; la natura dei poteri eccezionali nelle città “repubblicane” della Toscana; la propaganda signorile nello stato Visconteo; e la diffusione della grazia come sistema di governo extra-istituzionale nella Lombardia quattrocentesca. Si tratta di strumenti tecnici che hanno matrici culturali e ideologiche diverse, ma che sono combinati in forme nuove e adattati ai contesti locali da compagini di governo alla ricerca di stabilità e di legittimazione. La varietà delle soluzioni non nasconde, tuttavia, il tentativo, comune a gran parte dei governi tardomedievali, di raggiungere un equilibrio di potere esterno o addirittura opposto agli apparati istituzionali dello stato. Una tensione irrisolta tra potere e istituzioni che ha segnato nel lungo periodo la storia dell’Italia moderna.