Raccontare Montero, nella sua prima storica biografia, significa approcciare con una dimensione assai diversa da quella, stereotipata, del calciatore moderno.
Paolo: senza cerchietti stretti sulla fronte, senza capelli impomatati, senza una muscolatura da voyeur e persino refrattario alla telecamera.
Prototipo del calciatore “vintage” nei contenuti quanto assai moderno, quasi futurista, nella concezione delle varie sfumature della vita.
“Non m’importa esser un esempio di lealtà in campo: voglio esserlo nella vita. Quando gioco, m’interessa solo vincere. In ogni modo: il calcio è dei furbi.”
Un solo codice da rispettare, quello d’onore.
Tanti gli aneddoti, numerose le riflessioni e i ritratti offerti dagli autori, pronti a raccontare a corredo di un taglio descrittivo assai originale, i vizi e le virtù di uno dei giocatori più enigmatici che abbiano mai vestito la casacca bianconera.
“Sono diventato juventino il primo giorno che sono arrivato a Torino, quando mi sono reso conto quanto la Juventus fosse odiata dal resto delle tifoserie d’Italia. Il loro odio io l’ho trasformato in amore per la Juventus. Contro tutto e tutti. Quella maglia era una corazza...”
Un guerriero del pallone, un kamikaze del contrasto, un combattente dell’aria di rigore. Paolo Montero era tutto questo. Indistruttibile come l’acciaio quando troneggiava nella retroguardia bianconera negli anni dei grandi trionfi juventini. Contro di lui passavano in pochi e quando passavano si facevano male... molto male. Però a me piaceva anche per quello. Era veemente, impetuoso, maschio ma onorava la battaglia calcistica e, nel bene e nel male, ci faceva amare sempre di più questo sport.
Dalla prefazione di Massimiliano Bruno
Montero era, anzi è, prima di tutto un uomo vero, sensibile, attaccato all’amicizia e alla sensibilità delle persone, basti pensare a cosa ha fatto per Pessotto nei tragici giorni del Giugno 2006, quando partì dall’Uruguay appena saputo del gravissimo fatto, recandosi immediatamente dall’amico che lottava tra la vita e la morte.
Questa immagine descrive al meglio il vero Montero, un uomo grande. Tutti però si ricordano del duro comportamento che aveva in campo, dal pugno a Di Biagio, alle botte nascoste agli avversari, ma chi gioca a calcio sa che questo fa parte del duello, a volte un po’ troppo pesante, ma pur sempre di sfida si tratta.
Forse faceva più scalpore perchè giocava nella Juventus, ma io un giocatore così lo vorrei sempre in squadra, e lo dico da difensore amatoriale part-time per niente tenero.
Dalla postfazione di David Pratelli