Una delle frasi fatte più difficili da smontare – spacciata per di più come ultimissima conquista pedagogica – è quella che sostiene di non lasciare mai un bambino da solo davanti alla tv. A pochissimi viene in mente che non è la sua integrità morale a preoccupare i responsabili dei palinsesti. È che la pubblicità esige che ci sia almeno la mamma con lui, o comunque un adulto con potere d’acquisto. È la tv che guarda noi, infatti: ci ha già fotografati, inseriti in fasce d’età, collocati in arre di reddito, raggruppati in categorie, dividi in serie, ripartiti in aree geografiche, codificati nei comportamenti, catalogati. I programmi? Deboli pretesti per sostenere i sempre più frequenti “stacchi” pubblicitari, le televendite, le promozioni, le sponsorizzazioni. In mezzo a questo vuoto di contenuto e a questo pieno di merci di ogni tipo, i bambini sono ostaggi di educatori e psicologi che tentano di giustificare strategie di marketing neppure troppo mascherate, delle quali diventano spesso inconsapevoli strumenti. Perché i bambini non hanno bisogno della televisione, è la televisione che ha bisogno di loro. Un libro chiaro, radicalmente contrario alla foresta degli schermi (della tv, del computer, dei videogiochi, dei telefonini) che ha invaso le camerette dei ragazzi e il salotto di casa. Un libro per tutti, ma soprattutto per genitori e maestri, che spiega limpidamente cos’è la tv, a chi serve, quali interessi rappresenta e perché bisogna aspettare che un bambino compia dodici anni prima di fargliela guardare.