l brigantaggio fu guerra civile? Oppure una reazione alla conquista del Sud da parte dei Mille di Garibaldi e, quindi, una conseguenza, nefasta e negativa, della guerra per la nostra indipendenza nazionale? Sono punti di vista differenti che partono da presupposti e sistemi di valori diversi, che hanno influenzato e influenzano grandemente le interpretazioni dei fatti, ma sono due facce della stessa medaglia.
Il libro si inserisce in questo contesto, offrendo un terzo elemento di analisi. Non più lotta filo-borbonica contro gli stranieri invasori o lotta per l'Italia unita contro la reazione borbonica, ma il tentativo da parte di un gruppo organizzato di banditi o briganti di imporre la propria egemonia nell’uso della forza in concorrenza con quella del potere costituito in un ambito territoriale limitato a gran parte dei paesi presilani e al territorio della Sila, in Calabria.
Pietro Monaco e Maria Oliverio sono stati al centro dell’attenzione di importanti studiosi e letterati come Nicola Misasi (scrittore verista cosentino) e Vincenzo Padula (sacerdote, patriota e scrittore. Contemporaneo dei due briganti). Il primo, nel suo romanzo La Magna Sila scritto nel 1883, racconta la vicenda di Maria Oliverio all’apertura del libro; il secondo, sul suo giornale, Il Bruzio, scrive del brigante Monaco in diversi trafiletti, nonostante fosse già morto quando il giornale iniziò le sue pubblicazioni. L’eco delle gesta di Monaco fu argomento di molti suoi articoli. Giuliano Manacorda, nel 1981, alla fine gli anni di piombo, riprendendo gli scritti di Padula paragona, arditamente, i briganti, compreso Pietro Monaco, alle Brigate Rosse.