Storie d’intimità, illusioni e tradimenti, lontani dall’inconsueto e dall’eccezionale, ma raccontate senza inutili reticenze come crisi naturali della coppia e dell’uomo adulto, Esterina è di fatto la storia di un’esperienza sentimentale – dall’innamoramento, all’unione coniugale, alla separazione della coppia – che va progressivamente degradandosi fino al suo disfacimento, rievocata in forma di diario da colui che nella finzione è il marito della protagonista, dove i fatti sono presentati in una continua scansione temporale, dal presente al passato. All’io-narrante corrisponde infatti l’io-narrato; il primo commenta e interpreta i fatti e gli stati d’animo vissuti dal secondo, in virtù di una progressiva maturazione interiore, culminante nel passo finale del libro, dominato dal motivo della rinascita e della speranza.
L’andamento narrativo – piano, uniforme, quasi al rallentatore – il lessico impiegato e più in generale le scelte linguistiche sono ascrivibili a una vera e propria «semiotica delle passioni» (i grandi modelli letterari a cui si ispira Bigiaretti sono La Bruyère, de Laclos, Stendhal, Flaubert, Proust, Gide) e rivelano a questo scopo una cura estrema dei particolari, tradotta in uno stile lucidissimo e razionale.
Scrittore fuori dal coro, Bigiaretti mostra una spiccata capacità di analisi e di comprensione dell’animo umano; per questo, oggi più di ieri, estremamente attuale.