Verso la metà dell'anno 1606, proprio nel momento in cui Caravaggio fugge via da Roma, il suo acerrimo nemico Giovanni Baglione, autore delle celebri Vite che immortaleranno la Roma artistica del primo Seicento, mette mano a un'opera redatta in uno stile prossimo a quello del rivale, dall'iconografia potente quanto inedita: si tratta di una pala d'altare – rinvenuta solo lo scorso anno – raffigurante san Giovanni Evangelista che indica la luce della grazia divina a san Pietro, il quale, facendo quotidiana penitenza col suo pianto, cerca di espiare il tremendo peccato del rinnegamento di Cristo. L'analisi del quadro, che fu commissionato dal cardinale Paolo Sfondrati o da suo fratello, il duca di Montemarciano Ercole I, e che affronta di petto il problema della definizione del fondamentale sacramento della penitenza nel rispetto dei canoni del Concilio di Trento, permette all'Autore di indagare sia l'iconografia del pentimento e della penitenza di Pietro sia gli altri dipinti che Baglione, in quello stesso torno di tempo e poi anche più tardi, dedicò all'apostolo, dalla pala per la Sala del Concistoro in Vaticano alla Lavanda dei piedi per la Basilica di San Pietro: ne deriva, tra le altre cose, anche qualche novità riguardante il poeta Giovan Battista Marino, che fu in buoni rapporti col Baglione, e il pittore Orazio Borgianni, che dopo un litigio col pittore nel 1606 si riconciliò con lui nel 1610.