Nella turbinosa atmosfera intellettuale degli anni del primo dopoguerra, che sospinse su strade contrastanti i più vivi ingegni artistici del momento, Antonelli fu di tutti il più paradossale e il più fantasioso.
Ripudiando tutto il vecchio repertorio borghese, l'aspirazione era rivolta al rinnovamento dei contenuti attraverso la spregiudicata ricerca di nuove forme teatrali, inclini alla satira e all'umorismo.
Affrancandosi dal convenzionalismo e dagli schemi dell'intrattenimento borghese in nome della libera invenzione fantastica, Antonelli si spinge a costruire un teatro che smette di preoccuparsi di espedienti come la coerenza e la logicità, e che al contrario mira a una vera e propria dissoluzione dei personaggi, dei tempi, delle vicende, lasciandosi guidare da un'ironia spesso polemica.
Il suo teatro, che si ricollega a quello del "grottesco", riduce il contrasto pirandelliano tra essere e apparire ad un'amara, fantasiosa satira delle illusioni.
Proprio con la commedia L'uomo che incontrò se stesso, Antonelli scrisse uno dei testi fondamentali dello stile "grottesco", indicando nell'uomo scontento di sé a cui viene concesso di ripetere la propria vita una sorta di nuovo modello drammatico e antropologico.