1 novembre 1535 - 19 dicembre 1548: fra queste due date, che segnano l’una la morte senza eredi di Francesco II Sforza e l’altra l’ingresso trionfale di Filippo II a Milano, si compie la parabola del Ducato da stato autonomo a periferia della Spagna. L’estinzione della dinastia milanese apre infatti un vuoto di potere legittimo di cui profitta Carlo V, sovrano del Sacro Romano Impero, per impossessarsi della città e trasmetterla poi al figlio ed erede Filippo II, re di Spagna. Ma la perdita, definitiva, della sua indipendenza non provoca affatto l’eclisse civile della metropoli lombarda. Benché infatti dell’età spagnola si tenda a ricordare solo le pesti, le guerre, le carestie e le ingiustizie, in quei centosettant’anni Milano resta un importante snodo strategico e militare e mostra una grande vitalità economica, culturale ed artistica. I suoi ceti dirigenti, inoltre, instaurano con il governo spagnolo un rapporto di fattiva collaborazione, capace in alcuni casi di condizionare il potere regio e di assicurare ampi margini informali di autonomia locale. Se è vero allora che in quegli stessi decenni altre città italiane, come Venezia, Roma, Genova, Firenze e Torino, restano indipendenti, è vero anche che, nel suo diverso destino, Milano impara ad avere a che fare con un potere lontano e a crescere adattandosi alla mutevolezza dei contesti europei in cui di volta in volta si ritrova.