Ambrogio arriva a Milano nel 370: è un funzionario imperiale, nato a Treviri ma educato a Roma secondo i costumi della aristocrazia del tempo, cristiano ma non battezzato. La città, invece, è una delle capitali dell'Impero romano, splendido crocevia di strade tra il Mediterraneo, ch'è ancora centro del mondo, e il limes nordoccidentale, al di là del quale premono i popoli germanici, mentre da est già urgono nuove e più temibili spinte. Quattro anni dopo, alla morte del vescovo Aussenzio, il clima in cui il clero e i fedeli della diocesi avrebbero dovuto eleggere il suo successore è infuocato da una polemica teologica che cela un conflitto di poteri. Per prevenire i disordini che molti si aspettano, Ambrogio si reca nella basilica dove l'assemblea è riunita e invita dal presbiterio il popolo alla calma. All'improvviso, secondo la tradizione, si leva un grido: «Ambrogio vescovo!». Forse è uno scherzo, ma viene preso molto sul serio. Precipitosamente confermato dall'imperatore Valentiniano e battezzato, Ambrogio regge la cattedra mediolanense per quasi un quarto di secolo, con saggezza e rigore inflessibili, senza paura di opporsi neppure al potere imperiale. È l'anima della definitiva vittoria del cristianesimo atanasiano sull'arianesimo e sul paganesimo e s'impone come uno dei fondatori dell'impero cristiano e della cultura dell'Occidente medievale.