L’intento di questo libro è quello di far affiorare e documentare un punto di vista essenziale eppure fino a oggi assente dal panorama degli studi che riguardano la Gallura: quello dei mezzadri. Per farlo, i due curatori hanno intervistato uno degli ultimi mezzadri galluresi, assemblando le sue risposte in una scorrevole forma narrativa, sia nell’originale versione in lingua gallurese, sia nel testo a fronte in italiano. Attraverso le parole di Agostino Asara emerge un quadro abbastanza chiaro e sicuramente verace della realtà sociale ed economica degli stazzi, un quadro dinamico che racchiude il periodo di massimo fulgore di questa società, la sua crisi e la sua decadenza.
Il racconto è scandito dalle “peregrinazioni” del protagonista da uno stazzo all’altro, prima al seguito dei genitori, poi in qualità di capofamiglia; qua e là si sofferma su alcuni temi specifici come la scuola e il bilinguismo, la politica e la guerra, il mare, l’igiene, l’alimentazione, l’amicizia, la poesia, la musica e il ballo; un ampio paragrafo è stato dedicato al contratto di mezzadria, alle sue peculiarità e problematiche. Completano l’opera un racconto e alcune testimonianze di persone che, da luoghi e in tempi diversi, hanno incrociato i loro destini con quello di Agostino Asara e della sua famiglia. Questi testi, brevi ma intimi e affettuosi, permettono al lettore di gettare uno sguardo oltre i cancelli e le finestrelle degli stazzi, per apprezzare l’importanza dei valori di ospitalità e solidarietà, sempre così vivi tra i pastori galluresi.