All’inferno fa freddo. Racconti dal carcere è un romanzo corale dove gli autori coincidono con i protagonisti delle tante storie che in comune hanno solo il luogo dove a turno si muovono: l’inferno. Il girone è quello dei condannati. Uomini e donne che provengono da mondi diversi, a volte molto lontani. Carcerati che narrano squarci di vite consumate nel freddo di una cella, la melma prima di finire dentro, il sogno di un riscatto. Nessuna retorica, né autocommiserazione. Piuttosto, parole taglienti che non risparmiano al lettore la violenza e l’asprezza della prigionia, di vicende criminali. Ma anche di destini dannatamente crudeli, come quelli di alcuni adolescenti, giovani fiori del male.
Il camorrista, la prostituta, il rapinatore, lo spacciatore, l’assassino, il sequestratore, il tossico, il violento, il ladro, il terrorista, il ricattatore... E poi il profugo in balia degli scafisti, l’imprenditore fallito che cambia pelle, l’abusato che diverrà colui che abusa. C’è chi non ce l’ha fatta, chi è diventato pazzo, chi più cattivo di quando era entrato. Per qualcuno, il carcere è diventato una casa, oppure luogo di espiazione. E c’è anche chi ha riassaporato la libertà e, come colto da capogiro, è ricaduto all’inferno. Ma un giorno, “la neve che non ti aspetti” può farti vivere anche dietro a quelle sbarre una giornata insolita.
Venticinque grandi scrittori ed artisti introducono, ciascuno, ogni storia. “La parola – scrive uno di loro – unisce gli uomini al di sopra di ogni diversità”.
Non la libertà, quella che manda i passi oltre soglie e confini, piuttosto la liberazione: come conquista e consegna di un bene di cui niente e nessuno può privare. Dare chiarezza e durata alle parole, raccontare quel che si è visto e inteso, anche solo quel che l’immaginazione ha sciolto e avviato. È un bene e un patrimonio, chiamato di dentro nel tramite della scrittura. E se coinvolge, perfino convince e commuove, è dovuto al bisogno di restituire una parte di sé anzitutto a se stessi, quindi all’altro e agli altri che, leggendo, compiono per un poco quel cammino e, forse, i più attenti, danno vicinanza e compagnia. Vale per i racconti qui accolti.
Elio Pecora