Erano gli anni della seconda guerra mondiale. La mamma si alzava
alle cinque del mattino e tirava avanti fino alle sei della sera. Andava a fare i materassi dai contadini, i bucati in casa dei ricchi. Quando rientrava, Sandro interrompeva il lavoro nei campi, metteva gli zoccoli sotto la bretella della canottiera e le andava incontro. L’Erminia appariva in fondo alla strada, un’ombra che avanzava dondolando. Due borse nelle mani, una cesta sulla testa. Dentro c’erano cipolle, aglio, fagioli, ceci, pane. Soldi non ce n’erano e i contadini le davano gran parte della ricompensa direttamente dall’orto.
Sandro Mazzinghi ha sofferto la fame, quella vera che ti fa svegliare nel cuore della notte. È stato sotto i bombardamenti, ha conosciuto la tragedia quando Vera è morta in un incidente d’auto. Era sua moglie da dodici giorni. Voleva smettere, è tornato sul ring perché è nato per combattere.
Ha vinto il mondiale contro Dupas, l’ha difeso in Australia.
Accanto a lui Guido, fratello ma anche amico, consigliere, maestro.
Ha spaccato l’Italia a metà. Da una parte lui, dall’altra Nino Benvenuti. Due incontri entrati nella storia
della boxe e del nostro Paese.
Perso il titolo, se lo è ripreso contro Ki-Soo Kim in un match cruento, spietato. Battaglie così, un uomo ne può affrontare solo una nella vita.
Sandro Mazzinghi, pugile da leggenda. Questa è la sua storia.