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Biblioteche d’arte. Laboratorio, patrimonio e bene comune (Alfabeto Treccani)

Questo volume raccoglie i contributi dei partecipanti al convegno “Biblioteche d’arte. Laboratorio, patrimonio e bene comune” che si è svolto a Torino l’8 giugno 2015. 
Il titolo che abbiamo scelto per il convegno rivela fin da subito la nostra visione. Crediamo che le biblioteche specialistiche vadano considerate come dei cantieri in cui nasce, viene sperimentato e si trasforma il sapere umanistico: al pari dei laboratori per gli scienziati, esse rivestono una funzione insostituibile per lo sviluppo della storia dell’arte e di molte altre discipline. Le stesse biblioteche conservano un patrimonio librario di cui dobbiamo essere custodi, oltre che fruitori, perché se non saremo in grado di consegnarle - non solo intatte, ma arricchite - alle generazioni future, esse avranno perso il loro valore e la loro identità. Su questo punto in particolare facciamo riferimento al volume collettaneo De-tutela, che propone alcune riflessioni sul presente e sul futuro della conservazione dei beni culturali: una sorta di guida, semplice ma di grande profondità che contribuisce a diffondere un tema purtroppo mai abbastanza noto e discusso. Le biblioteche d’arte sono quindi un patrimonio, che va tutelato e sul quale occorre investire, aumentandone e aggiornandone le collezioni, perseguendo una politica culturale chiara e coerente, perché possano essere uno strumento e uno stimolo sempre nuovo per la ricerca. Consapevoli di aver ricevuto in eredità questo patrimonio da un passato recente o lontano, a nostra volta dovremmo impegnarci a consegnarlo intatto e arricchito a chi verrà dopo di noi, per ragioni di civiltà e di identità culturale. Infine il bene comune, ultimo punto cardine della nostra riflessione e concetto particolarmente calzante nel caso torinese: non solo perché la biblioteca della quale chiedevamo la riapertura custodisce il patrimonio dei musei civici - pubblico e che quindi dovrebbe essere accessibile a tutti - ma perché la categoria di bene comune, per come è stata teorizzata, «è chiamata a svolgere una funzione costituzionale nuova di tutela del pubblico nei confronti tanto dello stato quanto del potere privato»; nel nostro caso si tratta della Municipalità e non dello Stato, ma in sostanza si vuol intendere il bene comune come qualcosa di diverso sia dal pubblico che dal privato, una categoria che dovrebbe trovare dignità e sistemazione giuridiche per rendere inalienabili alcuni beni e garantire la loro fruibilità da parte di tutti. In questo senso, pur sapendo che sarebbe stata una presa di posizione meno condivisibile delle altre, abbiamo voluto considerare le biblioteche specialistiche - custodi di un sapere che per definizione non è accessibile e comprensibile per tutti - come un bene comune. 
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