“A cinque anni essere svegliato in piena notte, vestirsi in un clima di cospirazione, riappisolarsi al buio in automobile per il suo ronzio, l’odore del tabacco, il parlare a bassa voce dei convenuti. Il risvegliarsi al buio, in aperta campagna insieme al padre ed agli zii vestiti in modo strano. Con gli stivali, i berretti, i fucili. Essere investito dal freddo del mattino, dall’odore forte della campagna ancora coperta di rugiada che scricchiola sotto i piedi. Avvertire l’eccitazione dei presenti, ascoltare le loro battute scherzose, lo svuotare le scatole delle munizioni ed il riempire accuratamente le cartucciere da cui penzolano i cappioli per le prede, il secco rumore degli otturatori e vederli allontanare alle luci dell’alba dopo essersi divisi gli appostamenti.
Tutto ti sembra strano ma avverti la carica di entusiasmo per una giornata di caccia che tutti sperano fruttuosa. Ti attira il brivido dell’avventura. Tutto è nuovo, mai provato prima. Non sai cosa ti aspetta, ma intuisci che si presenti bello ed eccitante. Che valga la pena di essere vissuto. Che sei un privilegiato. Lo racconterai ai tuoi compagni che ne saranno invidiosi.”
In questo saggio l’autore, anche se attratto dalla bellezza della natura, è alla ricerca del tiro più veloce, più rapido, più preciso, come se il suo fucile fosse una propaggine di sé. Descrive, con minuzia di particolari, la cura dell’arma, delle cartucce, dell’esercizio venatorio, con numerosi, curiosi (e pericolosi) aneddoti della sua lunga pratica di questo sport (iniziata fin da bambino), convinto che non “togliesse nulla a nessuno” fino a che, un giorno, un daino ed una bimba…