Il volume chiude un biennale percorso di tutela, di valorizzazione e di ricerca che la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio ha compiuto intorno alla figura di Caligola. Come spesso accade, la fatalità si coniuga con eventi previsti e si sviluppa con metodo. L'avvio è del 2011, quando la Guardia di Finanza recupera un'imponente figura maschile in trono, riconducibile alla villa di Caligola sulle sponde del lago di Nemi; il ritrovamento ha risonanza immediata grazie ai mezzi di comunicazione, indubbiamente attratti dall'importanza dell'opera, ma anche dall'aura sinistra che da sempre aleggia intorno al personaggio dubitativamente in essa identificato, Caligola. Di questi nel 2012 ricorreva il bimillenario della nascita, circostanza che è parsa particolarmente consona per dare vita a una serie di iniziative svoltesi durante l'estate dell'anno scorso presso il Museo delle Navi Romane di Nemi, sotto la direzione di Giuseppina Ghini di questa Soprintendenza, che ha curato l'intera operazione, e presso i Musei appartenenti al Sistema Museale dei Colli Albani e Prenestini -Museumgrandtour. Il volume rende ragione di un segmento importante del percorso, in quanto costituisce la pubblicazione, in forma più ampia e approfondita e aprendosi a un numero di contributi maggiore, sia del numero monograficamente dedicato all'argomento da Forma Urbis nel dicembre 2012, sia del convegno tenutosi in quegli stessi giorni al Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo. Tale evento, reso possibile dalla disponibilità della Soprintendente Speciale per i Beni Archeologici di Roma, Mariarosaria Barbera, e del Direttore di Palazzo Massimo, Rita Paris, ha una ragion d'essere particolare, in quanto il Museo Nazionale Romano accolse, e continua a conservare ed esporre, alcuni materiali provenienti dalle navi di Nemi. L'ultima tappa è rappresentata dal restauro, dalla ricomposizione e dalla musealizzazione della statua: il Museo delle Navi Romane di Nemi, tra i più interessanti esperimenti architettonici italiani, deprivato delle navi bruciate durante la seconda mondiale, si arricchisce ora di un manufatto di magistero elevatissimo per tecnica e stile, che ispira un nuovo allestimento, ravvivato per qualche mese da significativi prestiti monetali da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e volto a mostrare in una cornice rinnovata la statuaria proveniente dal santuario di Diana.