Uscito insieme al film, e da allora mai più ristampato, come talvolta capita a certi libri e a certi film che finiscono senza particolari ragioni ai confini della realtà, C’era una volta in America è in parte saggio, in parte diario di bordo, in parte romanzo, in parte memoir. Raccontato dalla voce dello stesso regista, e scritto con la sua complicità, ripercorre tutti i film di Sergio Leone, l’opera cinematograficaforse più sottovalutata della storia del cinema. Tra tutti i grandi registi, Leone è stato il solo che la critica, ampollosa e parruccona, abbia riscattato dal limbo del cinema commerciale solo in occasione del suo ultimo film. Eppure nessuno aveva mai usato il cinema per uno scopo più nobile: viaggiare attraverso le età e i generi dell’immaginario senza demagogia e senza moralismi da cineclub. Svelò il cinema a se stesso giocando come carte dei tarocchi le icone stesse dei film: da Henry Fonda a Charles Bronson, da James Woods a Robert De Niro, da Joe Pesci a Lee Van Cleef, da Clint Eastwood a Rod Steiger, da Jennifer Connely a Eli Wallach e Danny Aiello. Riservò ad alcuni attori italiani (Claudia Cardinale, Gian Maria Volontè, Romolo Valli, Gabriele Ferzetti) apparizioni memorabili. Come nel teatro delle ombre cinesi, in C’era una volta in America si profilano tutte le figure della fiction e della realtà che il regista assimilò nel suo sistema mitologico: il proibizionismo, il west, la mafia, gli eroi e i «malamente», la ferrovia, i bassifondi di New York e il fango delle città di frontiera. Testo che risponde a tutte le domande, anche a quelle mai poste, sul cinema di Sergio Leone, questo libro è soprattutto un viaggio dentro lo schermo (e oltre lo specchio) del grande cinema.