Perché il serial televisivo Millennium si apre con una lezione sulla poesia di Yeats? Che cosa ci fanno Dante, Chaucer e Tommaso d’Aquino in un thriller cinematografico come Seven? E come mai, al contrario, la letteratura è la grande assente in Titanic, il film-simbolo di fine millennio? Sono alcune delle domande alle quali risponde questo saggio insolito e provocatorio, che invita a considerare il cinema e le altre forme di narrativa popolare (compresi, per esempio, i romanzi di Stephen King) come una prosecuzione della critica letteraria con mezzi diversi – ma non per questo meno efficaci – di quelli che siamo abituati a considerare. Nel complesso, la “critica” proposta dal cinema trasforma la letteratura in un sapere arcano o, meglio, in una scienza occulta priva di contatti con la quotidianità, ma sorprendentemente utile nel momento in cui occorre dare la caccia a serial killer e maniaci vari. Nel suo ridurre i classici a qualcosa di lontano, inaccessibile e minaccioso, il cinema è però in buona compagnia, come dimostra il consolidarsi di una critica letteraria sempre più intenzionata all’esaltazione del sublime, del remoto, dell’ineffabile.