«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»
È questa la prima affermazione ideologica, politica e sociale sancita all’art. 1 della Costituzione italiana che descrive la nostra forma di stato e di governo e che ogni cittadino è tenuto a scolpire nella sua mente.
Secondo tale principio è «cittadino a pieno titolo»:
— «chi lavora» e chi con la sua opera (materiale e intellettuale) contribuisce al progresso morale e materiale del Paese;
— gli anziani che hanno già dimostrato di avere adempiuto a tale dovere anche attraverso il versamento dei contributi accantonati durante la vita lavorativa;
— i giovani, potenziali lavoratori del domani, che devono essere messi in condizione, senza alcuna discriminazione, di progredire negli studi fino ai massimi livelli, anche con il contributo della Repubblica che deve garantirsi una futura classe dirigente composta di persone capaci e meritevoli, a prescindere dal loro ceto di appartenenza.
Un’ulteriore categoria di individui, lavoratori parziali o non lavoratori, è costituita da coloro che beneficiano di privilegi economici derivanti da rendite (proprietà immobiliari, titoli di Stato, azioni e obbligazioni societarie etc.).
Costoro non partecipano, in parte o in toto, al lavoro in forma attiva e, pertanto, per il Costituente, non rappresentano la categoria dei «cittadini ideali» anche se la Repubblica colpisce le loro rendite con imposizioni fiscali progressive e proporzionali per finanziare le casse dello Stato.
Coloro che invece vivono di privilegi, non possono, in base al principio di eguaglianza, essere discriminati dal punto di vista giuridico, sebbene vengano maggiormente gravati dall’imposizione fiscale su quella parte dei loro redditi eccedente i loro bisogni esistenziali.
La maggioranza dei cittadini vive prevalentemente del proprio lavoro, per cui con il loro suffragio elettorale (libero e uguale) dovrebbero eleggere rappresentanti che tutelino quelle istanze che assicurino una esistenza libera e dignitosa, nonché una retribuzione sufficiente ai bisogni e alle esigenze di vita.
I numeri, teoricamente, dovrebbero dare ragione ai partiti dei cittadini-lavoratori e alle loro giuste esigenze che dovrebbero tradursi in leggi dello Stato: ciò non si verifica perché alcuni potentati economici, attraverso l’uso surrettizio dei mezzi di comunicazione di massa, confondono le idee al popolo e impongono false ideologie al fine di governare non solo in ambito nazionale ma a livello mondiale.
Solo la riflessione sulla portata dei principi della Costituzione e il conseguente libero e spassionato confronto di idee tra uomini liberi può costituire l’antidoto perché gli individui conservino le loro qualità di «esseri pensanti» e orientare con il loro voto le più corrette scelte politiche.
Questo breve commentario intende far conoscere (a tutti i cittadini e non) i principi costituzionali con l’augurio che, per il lettore, costituiscano le linee guida per la sua libera crescita politica, culturale e sociale.