Pino Leto (Palermo, 1957) è stato otto volte campione italiano di boxe (dal 1985 al 1988) e campione europeo dei pesi superwelter nel 1989.
La sua infanzia è stata quella di ogni bambino degli anni ’60 cresciuto in uno dei quartieri poveri di Palermo: una famiglia umile, la strada come scuola, insegnanti severi e poco comprensivi. Il bisogno di lavorare che si palesa immediatamente. Le tentazioni del malaffare, la mafia sempre in agguato.
Pino però guarda oltre, non si accontenta di campare alla giornata facendo lavori saltuari e spesso massacranti. Scopre la sua forte attitudine per la boxe e da lì inizia la sua carriera di pugile.
Durante la sua scalata Pino non si è mai montato la testa, è rimasto il ragazzo della Vucciria e ha cercato di migliorare il suo quartiere. Il suo intento è sempre stato quello di togliere i ragazzi dalla strada, insegnando loro a seguire una passione. E con una Palermo “matrigna” non è stato facile.
Il suo contributo dà speranza, dimostra che volendo si può uscire dagli stereotipi, si può lavorare, sudare e patire per una buona causa, che il divertimento non è fare un torto a qualcuno o esercitare l’odiosa arroganza mafiosetta di certa gente convinta che “la mafia è bella, la mafia è potere”, ma c’è dell’altro.
Negli anni ’90, purtroppo, una brutta vicenda lo vede protagonista delle pagine di cronaca dei quotidiani e lo segna profondamente.
La sua storia va dalla strada al ring e porta con sé i ricordi, gli entusiasmi e soprattutto il riscatto di un uomo.