Sarebbe riduttivo considerare questo lavoro una rielaborazione del mito di Romeo e Giulietta in chiave africana. Certo il filo conduttore dell’opera è l’amore: quello totalizzante e assoluto che poi sfocia, quasi inevitabilmente, in tragedia. Ma l’ambiente dentro il quale trovano spazio i personaggi è quello misterioso e torbido dell’Africa vera, un’Africa diversa, lontana dalle atmosfere rarefatte dei racconti di Karen Blixen o, peggio, di Wilbur Smith, di un'Africa delle piantagioni di caffè, tè, sisal, di un’Africa delle cacce grosse di Winston Churchill, di Teodoro Roosevelt e dei romanzi d’appendice. La rappresentazione di un’Africa, crudamente realistica nei suoi aspetti più brutali e violenti, evidenzia una voglia dell’autore di far conoscere quella vera di Africa, quella che oggi realmente si respira se si va nel continente nero in generale e in Kenya in particolare. Una nuova realtà africana in cui si fa strada una concezione di una società a due rapporti di velocità, che produce la formazione nel suo ambito di due segmenti: uno che fa riferimento all’occidente, con forte propensione ad importare regole di vita che vengono dall’Europa o dagli USA, che fa della “occidentalità” un modo d’essere; l’altro legato all’Islam, farcito di regole di vita medioevali, avversario dichiarato di tutto ciò che è occidentale, tendenzialmente retrogrado, che continua ad avere i suoi punti di riferimento nella sacralità del Corano. Un’Africa così lontana dai “clubs all-inclusive” dove tutto è impacchettato ad uso e consumo del turista. L’autore dispone il nascere e il crescere di questo grande amore, nei percorsi sanguinari e violenti di una guerra tribale nella quale non c’è posto né per la pietà né per l’umanità. Il palcoscenico che si apre dietro alla vicenda è quello di una natura magnifica ma impotente alle catastrofi degli uomini. Pur nella sua tragicità si può definire quest’opera ricca di messaggi e di speranza, infatti qui due mondi all’apparenza lontanissimi, quello occidentale e quello mussulmano, s’incontrano e si compenetrano dimostrando che con l’amore si può fare molta strada nella comprensione reciproca, nonostante ogni avversità. La storia muove i suoi primi passi con la visione cruda e realistica di un carcere africano, dove un liceale italiano finisce, suo malgrado, trovandosi coinvolto in una rivolta tribale. Tutto è iniziato con una vacanza che Dànao, il protagonista, ha ottenuto come premio dalla madre per la promozione. In un incontro fortuito egli conosce e s’innamora perdutamente di Mwezi, la fanciulla mussulmana dagli occhi di luna. Questo amore fin dall’inizio, seppure corrisposto dai due ragazzi, è negato e tribolato perché Mwezi è promessa ad un altro; di qui la fuga verso il sogno della libertà. Ma questa corsa spasmodica non consente intimità o tenerezza, il cammino dei due giovani è intriso di sangue e violenza. Con la morte di Mwezi tutto s’infrange per Dànao che pur di non abbandonare il suo sogno di amore eterno ripudia la madre, gli amici, la patria.