Non sappiamo se Artur Antunes Coimbra, in arte Zico, abbia letto le bozze del libro di Giorgio Astolfi. E non sappiamo se Astolfi, mentre elaborava il suo manoscritto, si sia imbattuto nelle dichiarazioni di Zico. Di certo c’è una straordinaria identità di vedute, una filosofia condivisa, una comune visione dello spirito del calcio, tra l’ex fuoriclasse brasiliano e lo scrittore ferrarese.
Non potrebbe essere diversamente. Astolfi, che in gioventù è stato un giocatore di ottimo livello, ha una visione romantica e idealista (nell’accezione più positiva del termine) della vita, e di conseguenza del football. anzi, del futebol. Bailado, di preferenza. Perché il Brasile ha animato i giovanili sogni calcistici di Astolfi. Ed il Brasile, lo stesso tratteggiato nelle pagine di Amado, ha ispirato l’ambientazione di questo meraviglioso romanzo, Estadio Magia do gol. Titolo rigorosamente in portoghese.
Ma riavvolgiamo. Com’erano le accennate dichiarazioni di Zico? Eccole: «Cerco di allenare come giocavo, con serietà, ma anche con fantasia. Vincere è bello, ma lo spettacolo lo è di più: non si può giocare speculando, il football è anche altro, o soprattutto».
C’è tutto Zico, nel libro di Astolfi. Una favola sul calcio, come recita il sottotitolo. Ma non un trattato di calcio. Una favola delicata, intrisa di sentimenti e pulsioni, scritta in punta di polpastrelli ma capace di veicolare con forza – eppur senza forzature, quelle non appartengono ad Astolfi – un messaggio potente, coinvolgente: mai rinunciare ai sogni.
Di calcio e di vita. Perché in queste pagine ambientate in un futuro lontano, si denunciano le storture tecnico-economiche che hanno portato alla scomparsa del football in tutto il mondo ad eccezione del Brasile, dove continua ad essere praticato nel rispetto del suo spirito. Ma il calcio è il pretesto, il mezzo di denuncia del sistema economico e politico, il punto di partenza per una riflessione a tutto tondo, anche su temi quali religione ed ecologia. È uno strumento di conoscenza e di scoperta. Della letteratura. E delle cose della vita, appunto. Come i sentimenti, il sesso nella sua visione più “sana” e naturale. Il calcio, un certo calcio, che ti porta a superare l’avversione per lo stesso, e attraverso esso uscire dalle proprie prigioni quotidiane, andare oltre un ordine codificato che in fondo impedisce di conoscere proprio la vita, la vita reale, ed approfittarne. Il calcio che conduce in un mondo lontano, tutto a colori, ove nulla è pianificato come “da noi”.
Estadio magia do gol ha come protagonista Giovanni Rubini, docente universitario ferrarese. La sua metamorfosi, la sua progressiva apertura mentale, avviene attraverso la conoscenza postuma, professionale e umana, della traccia lasciata da uno zio paterno che del calcio – partendo dalla Spal ed arrivando in Brasile – è stato grande interprete. Il percorso mentale di Giovanni si snoda attraverso la visione in diretta di qualche partita e, soprattutto, attraverso il contatto con la realtà locale e con due donne che gli cambieranno la vita.
Paolo Negri