Il saggio prende in esame tre particolari situazioni riguardanti i rapporti tra fotografia e propaganda in Germania, Unione Sovietica e Italia nella prima metà del novecento durante i regimi di Hitler, Stalin e Mussolini. Per la Germania viene analizzata la figura di Heinrich Hoffmann, il fotografo di Hitler che riuscì a costruire un impero economico fotografando il Führer. Per l’Unione Sovietica si passa alle manipolazioni fotografiche messe in atto in epoca staliniana per eliminare dalle foto personalità del partito cadute in disgrazia. Per l’Italia fascista ci si sofferma sull'interesse di Mussolini per il controllo delle fotografie che lo ritraevano e quindi i motivi per cui determinate foto venivano censurate. Elemento comune nei tre casi è l’elevazione del leader quasi a divinità e l’esaltazione del popolo come superiore agli altri.