Nella complessa vicenda della storia di Genova, se se ne approfondiscono gli elementi economici, politici e soprattutto antropologici, si capisce subito che non sarebbe stato possibile passare da un regime comunale a una signoria o a un principato, come invece avvenne in molti altri casi, come per una sequenza naturale. A Genova nessuno avrebbe sopportato un “capo”, un signore assoluto: l’oligarchia delle famiglie patrizie non lo avrebbe tollerato.
Lo capì perfettamente il più famoso e importante dei Doria, Andrea, che pure passa alla storia e ancor oggi alla toponomastica cittadina come il Principe per eccellenza. Il grande ammiraglio, fine tessitore dell’ardua politica del XVI secolo, fu di fatto il padrone di Genova, ma non dette vita a una dinastia, pur riservando un ruolo di rilievo alla propria famiglia che, nei suoi vari rami che sopravvivono, gode ancora di grande prestigio. Usciti dall’oscurità dell’XI secolo, i Doria sono ovunque presenti con il loro stendardo dall’aquila nera dalle ali spiegate, accanto alla croce rossa del vessillo di San Giorgio. La congiura dei Fieschi contro Andrea Doria resta l’episodio storico più famoso anche per le ampie risonanze letterarie e artistiche che ispirò. Dogi, cardinali, mecenati, ma anche sensibili alla Rivoluzione Francese, sino al Risorgimento, alle nuove idee e al cambiamento della politica, i Doria sono la rappresentazione d’un inimitabile spaccato storico: “dinastia” informale in un contesto di assoluta “diversità”, per dirla con Dante, nella storia italiana.