Massimo d'Azeglio, nato a Torino nel 1798, cominciò la stesura dei Ricordi nel 1863. Aveva allora 65 anni e, oltre che afflitto da una serie di lutti familiari, era profondamente deluso per l'andamento della vita civile nell'Italia appena unificata. Lui, gentiluomo piemontese che aveva accompagnato da posizioni monarchiche e moderate tutto il processo risorgimentale, dopo la morte di Cavour era stato di fatto emarginato dalla vita politica nazionale. La decisione di scrivere le memorie nasce dunque da una condizione spirituale di distaccata amarezza. E tuttavia l'intento civile che aveva animato la sua azione continua ad alimentare anche l'attività del memorialista. Ne risulta il ritratto di un uomo combattuto tra il vecchio e il nuovo, che mira anzitutto a trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di severità e coerenza morali. Letterariamente si tratta dell'opera più riuscita di D'Azeglio. La sua vena narrativa, che nei romanzi storici risulta impacciata dalle convenzioni di un romanzesco di maniera, qui scorre più libera e fluida, attenta ai particolari e non aliena dal gusto del pittoresco. L'opera, rimasta incompiuta per la morte dell'autore, avvenuta a Torino nel 1866, fu integrata con altri scritti del D'Azeglio da Giuseppe Torelli.