È la prima traduzione italiana di un classico della letteratura mistica medievale in lingua araba. L’opera è un unicum nella storia del sufismo. L’autore – un mistico egiziano del XIII secolo – in questa sua opera, l’unica pervenutaci, dissemina insegnamenti sapienziali attraverso l’uso felice di allegorie animali e vegetali. Nei 37 brevi capitoli del testo, al-Muqaddasi immagina che una lunga serie di fiori (camomilla, lavanda, basilico) e di uccelli (nobili come l’usignolo, il falco, la rondine, il pavone, ma anche meno nobili, come l’oca, il gallo, il pipistrello), gli parlino rivelandogli i loro segreti e le loro qualità. Il testo, non diversamente da La lingua degli uccelli di ‘Attar, si richiama al genere della fiaba allegorica ma, al di là del suo valore poetico, può essere considerato come una delle migliori espressioni della letteratura esoterica araba.