In un suo scritto autobiografico Lillian Hellman racconta di avere costantemente avuto una incontrollabile ed inspiegabile attrazione verso i reperti emersi dal mare, giacenti sulla riva, sempre nuovi e sorprendenti e collega tale propensione all'inconscio, alla sfera sommersa che porta a galla poche tracce alludenti a chissà quali materiali preziosi e nascosti, sepolti all'interno dell'umana psiche. Non ho mai ritenuto di essere così lunare e segreta come la grande commediografa americana, ho difficoltà a legare i nostri pensieri segreti ad immagini precise, li avvicino piuttosto a metafore, a sistemi del mondo in parte svelabili, a decisioni prese incosciamente e perciò fattesi atti, parole, volontà, pensieri. Rifletto però sulla bellezza delle materie lavorate dal mare: legni, conchiglie, terre, coralli ma anche gomme, vetri, plastiche, che l'acqua, il sale e soprattutto il moto ci restituiscono levigati e come provenienti da un'altra dimensione, non più resi orrendamente mutati dall'incessante lavorìo della terra e dell'aria e dunque in qualche modo apparentemente sottratti all'orrida trasformazione che attende ciò che vive, dopo.