Milano novembre 1961, periodo in cui la diversità sessuale era ancora considerata una colpa: una malattia nel migliore dei casi... Il freddo, la nebbia, le cronache giornalistiche del “sbatti il mostro in prima pagina”… è quanto rievoca col ricordo nel 2001 il maturo avvocato Luigi Lulli al capezzale di Graziella Garbo morente: il suo incontro di studente in legge con lei, ex partigiana, titolare al tempo di una rinomata agenzia investigativa… ante-scena di una storia più vecchia, del tempo di guerra, quello dell’Italia repubblichina…, anzi, più vecchio ancora: quello dell’ante-guerra fascista. Un delitto di allora che si è riflesso in una serie di omicidi in quel ’61 ricordato dal Lulli nel 2001, duplicandone le immagini in un gioco di specchio dove Luigi è stato costretto a ricomporsi in un’identità che la sua “colpa o malattia” del tempo gli avevano minato, frantumandogli l’anima… Uno strano prete, uno strano impresario di pompe funebri, una strana cantante, uno strano commissario della Mobile e la più strana detective ex partigiana sua datrice di lavoro: nel gioco strano delle dinamiche mentali che, con la duplicità dei riflessi, incarnano (o reincarnano?) quel labirinto psicologico in cui Luigi ha dovuto trovare o la via di uscita (forse la colpa) o il mostro (forse la malattia), rielaborandone una realtà dove, come è nella realtà, quello che sembra non è quello che è (o quello che non è… è quello che sembra?). Paradossale il finale a parodia del giallo più classico: dove, nel cerchio riunito ad assemblea dei possibili colpevoli, l’indagatore (Il più legittimato a farlo) deve scoprire l’assassino…